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Kiev nelle mani dei rivoluzionari !

Yanukovich è fuggito nell'est dell'Ucraina dove denuncia "un colpo di stato" e forse lancerà la secessione. Liberata la sua antica rivale Julia Timoshenko. Grazie al sostegno dei lettori del Giornale.it il nostro inviato è tornato a Kiev per raccontare cosa succede in Ucraina. La testimonianza audio da Kiev di Fausto Biloslavo. 

DIARIO DA KIEV

Grazie al sostegno dei lettori del Giornale sono tornato a Kiev, la capitale ucraina, in mano ai ribelli di piazza Maidan, che da tre mesi sfidavano il regime del presidente Viktor Yanukovich. Come in tutte le rivoluzioni vige una buona dose di anarchia e desiderio di vendetta. 
La polizia, che prima era ad ogni angolo, è sparita e l'ordine viene garantito dai miliziani dei gruppi paramilitari come pravi sektor, l'ala destra,che sono riusciti addirittura a portarsi in piazza un blindato catturato nel sud alle forze di sicurezza (guarda il video). Il palazzo presidenziale è caduto nella notte senza colpo ferire.

Quel commando dei Marò che salvò dodici indiani.

2011: una task force italiana interviene in Afghanistan. 
Veri eroi, ma a New Delhi li hanno dimenticati.

Hanno rischiato la vita per salvarli, temerari e impavidi come nessuno mai. Non hanno esitato, armi in pugno, né tentennato un secondo. Ed è grazie al loro coraggio che il 3 novembre 2011, a trecento metri dall’aeroporto di Herat, in Afghanistan, i corpi speciali italiani della Task force 45, di cui fanno parte anche i Comsubin, i commando della nostra Marina militare, impediscono ai terroristi di ammazzare 31 civili. 
Fra questi 12 indiani.
I nostri Marò che «strappano» dalle mani dei kamikaze 12 cittadini indiani destinati a morte certa. Pochi mesi dopo, il 15 febbraio 2012, due nostri fucilieri della Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, finiscono prigionieri delle autorità indiane dalla memoria corta, che in spregio al diritto internazionale li arrestano e li tengono in India due anni senza nemmeno formulare un capo d’imputazione. Quel 3 novembre 2011 la Task Force 45 si trova di fronte a una missione complicata. Un commando suicida dei talebani formato da due persone, con addosso giubbotti esplosivi, affiancato da cinque miliziani armati fino ai denti, prende di mira il compound della Esko International, una società di logistica sotto contratto della Nato situata a 300 metri dell’aeroporto di Herat. Non lontano c’è la base Nato di Camp Arena, che ospita la Task Force 45. La notizia dell’agguato kamikaze giunge a Camp Arena alle 9.30. I tiratori scelti, gli elicotteri da trasporto e di attacco della Task Force 45, formata da incursori di esercito, carabinieri, aeronautica e, come detto, da reparto Comsubin della Marina, sono pronti. In pochi minuti inizia quella che il generale Luciano Portolano, comandante delle truppe alleate che guida l’operazione, descrive come «l'eliminazione della minaccia e l'evacuazione dei connazionali asserragliati all'interno del compound».
Nella sede della Esko ci sono 31 civili, sei dei quali italiani, un afgano e 24 stranieri. Dodici di essi sono indiani. I terroristi riescono a penetrare nell’edificio usando uno di loro come «testa d’ariete» umana, che si fa esplodere per squarciare l’ingresso. Prendono in ostaggio 18 civili. La Task Force 45 viene attivata all’istante. Scatta il blitz del Gruppo interventi speciali antiterrorismo dei carabinieri e del Gruppo operativo incursori della Marina. L’attacco è rapido, preciso. Tutti i terroristi vengono eliminati e i civili, compresi i 12 tecnici indiani, liberati sani e salvi, senza un graffio e portati via, al sicuro, da sei fucilieri del San Marco.
Un’operazione da più parti definita «da manuale» che lascerà sul terreno, per fortuna solo ferito, un carabiniere del Gis, colpito da una scheggia. A missione conclusa, al Camp Arena giunge il console indiano, che ringrazia il nostro generale. Subito dopo l’operazione portata magistralmente a termine anche dai Comsubin della Marina italiana, il generale americano Stanley McCrystal, ex comandante delle truppe alleate, afferma: «Ho osservato il lavoro e la professionalità di quella Task Force 45 e credo che gli italiani sarebbero orgogliosi dei loro soldati».
Due anni dopo, marzo 2012, ad un mese dall'arresto di Latorre e Girone, l’Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, allora Capo di Stato Maggiore della Marina, accoglie i militari del Battaglione San Marco di rientro dall'Afghanistan ricordando due cose: che Latorre e Girone, quel 15 febbraio 2012, si trovavano sulla petroliera Enrica Lexie per proteggere l’equipaggio, fra cui anche degli indiani, e che grazie ai Marò del reparto speciale Comsubin, 12 tecnici indiani presi in ostaggio dai talebani sono tornati a casa salvi e liberi: «L’India - afferma Binelli - non potrà dimenticare che il nostro team proteggeva l’equipaggio della nave, composto anche da 19 marinai indiani, né potrà dimenticare che proprio uomini del San Marco hanno contribuito qualche mese fa alla liberazione di alcuni tecnici indiani tenuti in ostaggio da terroristi nella zona di Herat». 
E invece lo hanno dimenticato. 

di Luca Rocca - Fonte IL TEMPO

QUI LA VICENDA DEI NOSTRI MARO' !

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Il Forlanini fa acqua Piove dal soffitto sui malati vegetativi.

L’unità riabilitativa d’eccellenza, inaugurata 3 anni fa, cade a pezzi.
Ci sono casi come Eluana Englaro. Ragazzi in coma dopo un incidente automobilistico, o pazienti con minima coscienza che comunicano grazie a un computer. Ma la struttura all’avanguardia che doveva fare scuola in Italia, inaugurata al Forlanini il 2 marzo 2011, alla presenza del presidente della Repubblica Napolitano, fa acqua. Letteralmente piove dal soffitto. «C’è una stanza simbolo che è già la terza volta che si bagna dal controsoffitto in diversi punti e dobbiamo correre via con i pazienti» dice Giacomo Giujusa, rappresentante dell’Associazione dei familiari dei malati ricoverati nell’Unità di cure residenziali intensive (Ucri), l’unico per malati in stato vegetativo e con minima coscienza realizzato in una struttura sanitaria pubblica e oltre a riabilitazione e assistenza garantisce prestazioni specialistiche e diagnostiche. Nell’unità è possibile effettuare la "videoterapia" con proiezione di filmati e immagini legati a momenti significativi della vita del paziente prima del coma (ogni posto letto è dotato di tv lcd con dispositivi multimediali), vi è una palestra per la riabilitazione neuromotoria e spazi dedicati ai familiari. Ma ci sono alcuni «però». Le stanze «scrostate» e che «fanno acqua» continua Giujusa. I promessi 30 posti sono ancora fermi ai «primi 10» letti. Funziona «tutto» ma «solo grazie alla buona volontà». «Abbiamo solo 2 figure bravissime ma senza contratto definitivo». E così i familiari di malati così gravi vivono nell’apprensione di perdere la dottoressa «Gabriella Pellegrino, specializzata in riabilitazione» e «la logopedista, Alessandra Matano, che fa lo svezzamento dalla tracheotomia». Servono «contratti stabili» e «un progetto di riabilitazione di anni». Oggi, i 3 medici che affiancano il primario, Remo Orsetti, «c’è anche il dottor Paolo Consoli» sono in servizio dalle 8 alle 20. «Se c’è un evento improvviso la notte - spiega Orsetti - ci sono i medici di guardia della terapia intensiva».
«Forse fin dall’inizio la struttura meno indicata per l’Ucri era proprio quella del Forlanini, meglio il San Camillo - dice Marco Lelli, segretario aziendale Nursind, il sindacato degli infermieri - Lo dimostra il fatto che le riparazioni hanno solo tamponato falle di una struttura costruita su "fondamenta d'argilla", quindi un grosso elogio a chi si prodiga in un’assistenza così particolare e delicata». Oggi sulla mancanza di risorse umane, Raffaele Piccari, delegato Nursind presenta le richieste alla direzione aziendale. 
«Gli stanziamenti per fare 30 posti letto sono contenuti nella delibera del gennaio 2013: un milione di euro vincolati ma nessun intervento effettuato dalla Regione» dice il consigliere regionale Fabrizio Santori. «Dopo la vergogna dei pronto soccorso della nostra Regione, con malati a terra su materassi e operatori medico-sanitari allo strenuo, tra l’altro già finito in Procura, la scarsa trasparenza nelle nomine a direttori Asl e degli ospedali, ecco la vergogna sui mancati interventi all’Ucri. E - conclude Santori con una domanda - dove sono finiti i 467mila euro per il Pronto Soccorso?».

di Grazia Maria Coletti - Fonte: IL TEMPO

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