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ROMA: RICORDO DEL DRAMMA DEGLI ITALIANI !
Azione dimostrativa “1 MAGGIO, LA FESTA DI CHI?”
rivendicata dai movimento DifendiAMO L’ITALIA
“Oggi, all'alba del 1 maggio, al Gianicolo, nel luogo simbolo dei padri della Patria e del Risorgimento italiano alcuni italiani si sono impiccati. Andrea, Daniele, Luigi, Marcello, Marco, Mario, Matteo sono stati uccisi da questa Italia e dai cancri mortali che la affliggono. Sono gli imprenditori strangolati da Equitalia, gli artigiani soffocati dalle tasse, padri di famiglia che non hanno avuto credito dalle banche, fornitori mai pagati dallo Stato, disoccupati cui il Fiscal Compact ha negato il futuro. Il 1 maggio non è un concerto di radical chic e cantanti da salotto, non deve essere la passarella dei sindacati e dei loro ricatti, ma rappresenti il simbolo di una Nazione che lavora o che vorrebbe lavorare, il ricordo di operai caduti sul lavoro e di imprenditori suicidati dallo Stato. I “garibaldini impiccati” da corde rosse rappresentano una provocazione dal forte impatto, scioccante, tanto quanto lo è la lista di famiglie falcidiate dall'incapacità dello Stato e della politica di offrire risposte adeguate. E quando i fondatori di questa Italia decidono di farla finita in questa maniera, altri italiani hanno il dovere di prenderne il testimone. Per farla risorgere”, è quanto comunica il movimento DifendiAMO L’ITALIA nel rivendicare l’azione dimostrativa.
lunedì
Malgrado l'Europa. Quando l'Italia seppe farsi da sé
di Aldo A. Mola, Il Giornale del Piemonte, 25 Maggio 2014
L' “Europa” non ha mai voluto l'indipendenza, l'unità e la libertà degli italiani. Gli italiani se la sono conquistata con generazioni di patrioti che lottarono contro i dominatori stranieri. L'Italia è nata malgrado l'Europa. E' risorta dal passato perché dopo secoli di servitù rifiutò di essere ancora a noleggio (“Franza e Spagna pur che se magna”), prona agli Asburgo, ai Borbone, alla Germania, agli Inglesi e alle scorrerie dei “turchi”... Gli italiani scoprirono di essere italiani. Vollero esserlo. L' “europeismo” attuale è una menzogna, perché esclude l'immenso spazio della Russia, che è europea non meno (e forse più) di tante plaghe dell'Occidente. Questa Europa rimane vittima della divisione che le venne imposta da Stalin e dagli Stati Uniti d'America. Perciò le attuali istituzioni “europee” sono screditate. L'“Europa” che oggi chiede il voto dei cittadini è meno unita di quanto lo fosse due secoli fa, ai tempi di Napoleone I e di Alessandro I di Russia. E' la peggiore possibile: nessuna politica estera unitaria e quindi nessuna politica militare. Lo vediamo da quanto abbiamo fatto (o non sappiamo fare) dall'Africa centro-settentrionale al Vicino e Medio Oriente. Questi sono i fatti. Oggi sono i cittadini a poter imprimere una svolta. Con il voto.
Veduta dall'alto l'Italia è una piccola parte dell'“aiola che ci fa tanto feroci”. I suoi abitanti ci vivono tanto bene da divenire indifferenti al giudizio che ne danno gli stranieri. Così, però, lasciano che la memoria e l'attualità del loro Paese vengano retrocesse a sipario per le imprese di attori stranieri. E' l'Italia che si sbrana e si espone allo scherno altrui: quella dei manzoniani “polli di... Renzi”.
Ce lo ricorda Frederick C. Schneid in La Campagna franco-piemontese del 1859, poderosa opera pubblicata dall'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (*). Secondo gli storici di lingua inglese – oggi dominanti, anche attraverso la divulgazione televisiva e i supporti informatici – l'Ottocento ha avuto due soli eventi dominanti: la Guerra di Secessione negli Stati Uniti e quella franco-germanica del 1870-71. la seconda guerra mondiale. Le vicende europee, inclusa la prima guerra mondiale, suscitano scarso interesse: una babele di Imperi decadenti, stati fantoccio, popoli d'incerto profilo, movimenti ideologici, un caleidoscopio che spazientisce chi cerchi una sintesi elementare.
In quell'ottica rimane del tutto marginale la guerra che nell'aprile-luglio 1859 gettò le basi del regno d'Italia. Secondo i più, fu un conflitto meramente franco-austriaco. Il regno di Sardegna non vi compare affatto o figura solo quale comparsa. Non perché così siano i fatti, ma perché non li abbiamo saputi raccontare, spiegare, valorizzare nella loro esatta portata, a differenza di quanto fecero gli storici e i memorialisti (politici, militari, diplomatici) d'Oltralpe: dal prussiano Helmuth con Moltke allo svizzero Ferdinand Le Comte, al francese César Bazancourt che ne scrissero “a ferro caldo”. La Relazione ufficiale “italiana” comparve mezzo secolo dopo.
Schneid non si lascia invischiare dal mito e dalle ideologie. Fissa i capisaldi per una lettura rigorosa degli eventi. Compresa e messa a frutto la sconfitta nella guerra del 1848-1849, il Regno di Sardegna lavorò sodo a preparare la riscossa: diplomazia, organizzazione del territorio (fondamentale la rete ferroviaria), ricerca di credito bancario e soprattutto ammodernamento dello strumento militare. A differenza di quanto si narra nei manuali, la guerra non fu affatto “improvvisata”. Gli accordi di Plombières tra Camillo Cavour e Napoleone III furono perfezionati con un'imponente sequenza di convenzioni militari e di intese diplomatiche, incluso il trattato segreto franco-russo del 3 marzo 1859, generalmente trascurate dalla storiografia che tace o sottovaluta il ruolo di Vittorio Emanuele II (non solo come persona, ma anche quale Istituzione, la monarchia: interlocutrice unica degli altri sovrani d'Europa) e sopravvaluta invece cospiratori, avventurieri, mestatori.
Dopo il 1849 Vienna continuò ad avere nel Lombardo-Veneto più consensi di quanti ne avesse in Ungheria, Boemia, Polonia... Il fallimento del moto milanese del 1853 lo confermò. Per raggiungere indipendenza e unione (lega degli Stati? federazione? Unificazione?...) l'Italia dunque non poteva “fare da sé”. Schneid documenta la pianificazione e la preparazione della campagna d'Italia. Napoleone III doveva mostrare che la Francia non era più quella sconfitta a Lipsia e a Waterloo (1813-181) ma una potenza capace trasferire in pochi giorni 150.000 uomini nella pianura padana e di battervi l'esercito più potente d'Europa. Non gli occorreva troppo spargimento di sangue. Perciò, a differenza di quanto era avvenuto in tutt'Europa nel 1848-1849, la guerra non venne combattuta nelle città: niente insurrezioni, espugnazioni, barricate. Bastava dimostrare l'efficienza della macchina militare, sia con l'impiego di reparti di élite (trasferiti mesi prima dall'Algeria: dovevano combattere contro soldataglia usa alle peggiori efferatezze), sia con il dominio nella comunicazione e l'impiego dell'artiglieria, decisamente superiore a quella austriaca: come si vide a Montebello e, ancor più, a Magenta e a Solferino.
A San Martino, il 24 giugno 1859, il regno di Sardegna provò che gli italiani sapevano battersi. Avevano il loro progetto. Allarmato dalla mobilitazione del regno di Prussia sul Reno, Napoleone III puntò immediatamente all'armistizio con Francesco Giuseppe d'Asburgo. Cavour non comprese che quell'Italia non poteva fare da sé. L'Europa voleva certezze e poteva averle solo dal monarca e dai militari, compreso Giuseppe Garibaldi che per assumere il comando dei cacciatori delle Alpi aveva indossato la divisa di generale. La pace di Zurigo fu trattata da diplomatici, non da cospiratori.
Contrapposte dai rispettivi interessi le grandi potenze rimasero paralizzate. In quell'incertezza si incuneò l'iniziativa politico-diplomatica-cospirativa che in pochi mesi condusse ai plebisciti del marzo 1860, all'impresa garibaldina del maggio 1860 e all'irruzione di Vittorio Emanuele II nello Stato pontificio e, di seguito, in quello di Francesco II di Borbone, i cui elettori pochi giorni dopo dichiararono di volere “l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale e suoi legittimi discendenti”. La “Borbonia Felix” (di cui scrive Renata De Lorenzo, ed. Salerno) aveva concluso il suo corso. Profittando dell'inerzia dell'Europa gli italiani seppero fare e farsi da sé e in mezzo secolo compirono progressi giganteschi. L'Italia si levò di dosso i panni carnevaleschi che per secoli le erano state imposti dai dominatori stranieri e si erse protagonista di storia. grazie soprattutto allo strumento militare. Garibaldi presiedette l'Istituto Nazionale del Tiro a Segno: punto d'incontro tra monarchia, istituzioni e volontariato.
E' importante che a ricordarcelo sia uno storico d'oltre Atlantico come Frederick Schneid in quest'opera dedicata al figlio, Craig, che “ha camminato con lui a Solferino e a San Martino”. Un esempio da imitare.
Aldo A. Mola dal Blog di Luigi Pruneti
(*) Voluta dal Capo dell'Ufficio Storico SME, col. Antonino Zarcone, l'Opera è in lingua inglese e in italiano: a doppio taglio.
Il Giornale del Piemonte 25.05.14 [2.160 Kb]
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Veduta dall'alto l'Italia è una piccola parte dell'“aiola che ci fa tanto feroci”. I suoi abitanti ci vivono tanto bene da divenire indifferenti al giudizio che ne danno gli stranieri. Così, però, lasciano che la memoria e l'attualità del loro Paese vengano retrocesse a sipario per le imprese di attori stranieri. E' l'Italia che si sbrana e si espone allo scherno altrui: quella dei manzoniani “polli di... Renzi”.
Ce lo ricorda Frederick C. Schneid in La Campagna franco-piemontese del 1859, poderosa opera pubblicata dall'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (*). Secondo gli storici di lingua inglese – oggi dominanti, anche attraverso la divulgazione televisiva e i supporti informatici – l'Ottocento ha avuto due soli eventi dominanti: la Guerra di Secessione negli Stati Uniti e quella franco-germanica del 1870-71. la seconda guerra mondiale. Le vicende europee, inclusa la prima guerra mondiale, suscitano scarso interesse: una babele di Imperi decadenti, stati fantoccio, popoli d'incerto profilo, movimenti ideologici, un caleidoscopio che spazientisce chi cerchi una sintesi elementare.
In quell'ottica rimane del tutto marginale la guerra che nell'aprile-luglio 1859 gettò le basi del regno d'Italia. Secondo i più, fu un conflitto meramente franco-austriaco. Il regno di Sardegna non vi compare affatto o figura solo quale comparsa. Non perché così siano i fatti, ma perché non li abbiamo saputi raccontare, spiegare, valorizzare nella loro esatta portata, a differenza di quanto fecero gli storici e i memorialisti (politici, militari, diplomatici) d'Oltralpe: dal prussiano Helmuth con Moltke allo svizzero Ferdinand Le Comte, al francese César Bazancourt che ne scrissero “a ferro caldo”. La Relazione ufficiale “italiana” comparve mezzo secolo dopo.
Schneid non si lascia invischiare dal mito e dalle ideologie. Fissa i capisaldi per una lettura rigorosa degli eventi. Compresa e messa a frutto la sconfitta nella guerra del 1848-1849, il Regno di Sardegna lavorò sodo a preparare la riscossa: diplomazia, organizzazione del territorio (fondamentale la rete ferroviaria), ricerca di credito bancario e soprattutto ammodernamento dello strumento militare. A differenza di quanto si narra nei manuali, la guerra non fu affatto “improvvisata”. Gli accordi di Plombières tra Camillo Cavour e Napoleone III furono perfezionati con un'imponente sequenza di convenzioni militari e di intese diplomatiche, incluso il trattato segreto franco-russo del 3 marzo 1859, generalmente trascurate dalla storiografia che tace o sottovaluta il ruolo di Vittorio Emanuele II (non solo come persona, ma anche quale Istituzione, la monarchia: interlocutrice unica degli altri sovrani d'Europa) e sopravvaluta invece cospiratori, avventurieri, mestatori.
Dopo il 1849 Vienna continuò ad avere nel Lombardo-Veneto più consensi di quanti ne avesse in Ungheria, Boemia, Polonia... Il fallimento del moto milanese del 1853 lo confermò. Per raggiungere indipendenza e unione (lega degli Stati? federazione? Unificazione?...) l'Italia dunque non poteva “fare da sé”. Schneid documenta la pianificazione e la preparazione della campagna d'Italia. Napoleone III doveva mostrare che la Francia non era più quella sconfitta a Lipsia e a Waterloo (1813-181) ma una potenza capace trasferire in pochi giorni 150.000 uomini nella pianura padana e di battervi l'esercito più potente d'Europa. Non gli occorreva troppo spargimento di sangue. Perciò, a differenza di quanto era avvenuto in tutt'Europa nel 1848-1849, la guerra non venne combattuta nelle città: niente insurrezioni, espugnazioni, barricate. Bastava dimostrare l'efficienza della macchina militare, sia con l'impiego di reparti di élite (trasferiti mesi prima dall'Algeria: dovevano combattere contro soldataglia usa alle peggiori efferatezze), sia con il dominio nella comunicazione e l'impiego dell'artiglieria, decisamente superiore a quella austriaca: come si vide a Montebello e, ancor più, a Magenta e a Solferino.
A San Martino, il 24 giugno 1859, il regno di Sardegna provò che gli italiani sapevano battersi. Avevano il loro progetto. Allarmato dalla mobilitazione del regno di Prussia sul Reno, Napoleone III puntò immediatamente all'armistizio con Francesco Giuseppe d'Asburgo. Cavour non comprese che quell'Italia non poteva fare da sé. L'Europa voleva certezze e poteva averle solo dal monarca e dai militari, compreso Giuseppe Garibaldi che per assumere il comando dei cacciatori delle Alpi aveva indossato la divisa di generale. La pace di Zurigo fu trattata da diplomatici, non da cospiratori.
Contrapposte dai rispettivi interessi le grandi potenze rimasero paralizzate. In quell'incertezza si incuneò l'iniziativa politico-diplomatica-cospirativa che in pochi mesi condusse ai plebisciti del marzo 1860, all'impresa garibaldina del maggio 1860 e all'irruzione di Vittorio Emanuele II nello Stato pontificio e, di seguito, in quello di Francesco II di Borbone, i cui elettori pochi giorni dopo dichiararono di volere “l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale e suoi legittimi discendenti”. La “Borbonia Felix” (di cui scrive Renata De Lorenzo, ed. Salerno) aveva concluso il suo corso. Profittando dell'inerzia dell'Europa gli italiani seppero fare e farsi da sé e in mezzo secolo compirono progressi giganteschi. L'Italia si levò di dosso i panni carnevaleschi che per secoli le erano state imposti dai dominatori stranieri e si erse protagonista di storia. grazie soprattutto allo strumento militare. Garibaldi presiedette l'Istituto Nazionale del Tiro a Segno: punto d'incontro tra monarchia, istituzioni e volontariato.
E' importante che a ricordarcelo sia uno storico d'oltre Atlantico come Frederick Schneid in quest'opera dedicata al figlio, Craig, che “ha camminato con lui a Solferino e a San Martino”. Un esempio da imitare.
Aldo A. Mola dal Blog di Luigi Pruneti
(*) Voluta dal Capo dell'Ufficio Storico SME, col. Antonino Zarcone, l'Opera è in lingua inglese e in italiano: a doppio taglio.
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giovedì
FORUM PA 2014 - Dal 27 al 29 maggio 2014 a Roma | Palazzo dei Congressi - EUR
29 MAGGIO Da non perdere a FORUM PA 2014Uber, tassisti e non solo: a #FPA14 il ruolo della PA nella
sharing economy che avanza. Con la protesta dei tassisti
milanesi
contro Uber Pop dei giorni scorsi, il servizio di carsharing peer to peer appena lanciato dalla startup californiana, la sharing economy ci è letteralmente esplosa tra le mani. Apriamo la terza giornata di FORUM PA 2014 con conferenza internazionale dedicata al rapporto tra PA ed economia collaborativa. |
29 MAGGIO La redazione segnala
Openbilanci: i conti aperti dei Comuni Italiani
#FPA14.
Vi è mai capitato di vedere il bilancio di un Comune? Non è proprio un sistema che si preoccupi di essere comprensibile. A #FPA14 presentiamo un nuovo modo di interpretare il bilancio: scopriremo Open bilanci.
8° Forum Nazionale Patrimoni Pubblici:
le "practice degli Enti Pubblici". Promosso da Patrimoni PA net, il laboratorio fondato da FORUM PA e TEROTEC l'evento è occasione verranno presentate le esperienze concorrenti al "Premio Best Practice Patrimoni Pubblici 2014".
Partecipazione civica in diretta, diventa
Supercittadino
o Supercittadina subito! Con l’aiuto di cittadini attivi, degli amministratori del gruppo trasparenza siti web pa verrà mostrato quali informazioni, dati e documenti dovresti trovare nel sito web della tua PA.
Disegnare le politiche pubbliche con la città come
bene comune.
Ciò che appare stridente è la distanza tra ciò che è guidato dall'amministrazione e ciò che è guidato dalle comunità: i cittadini prendono parte alla governance, ma non hanno fiducia nel governo. Molti servizi sono garantiti dall'attivismo dei cittadini con progetti collaborativi dalle forme inaspettate.
FPA14, il 29 maggio all'insegna della trasparenza
con Formez PA. Trasparenza comunicativa, servizi al cittadino, Open data, valutazione e gestione delle performance, anticorruzione: saranno questi i temi chiave della partecipazione di Formez PA al programma di convegni del 29 maggio. |
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